L'ALTRA FACCIA DELLE DONNE BALINESI

“Le donne balinesi hanno strane abitudini riguardanti la loro vita matrimoniale dopo le nozze. Infatti, aspettando la luna decrescente, confezionano bizzarri pacchetti di fichi essiccati per i bimbi meno fortunati del villaggio. Talvolta può anche capitare che imbastiscano enormi lenzuola dai colori tradizionali destinate ai cani randagi della bassa periferia.
In tempi recenti, quasi tutte s'ingozzano di yogurt “ller” importato dall'Austria appositamente per perdere chili, procurandosi (di proposito) la terribile diarrea del viaggiatore. Quasi metafisiche sono le estenuanti attese davanti alle porte dei bagni del tempio di Vishnu, seppur prive di qualsivoglia valore simbolico. 

[...]
Insolita è la pratica della vestizione con maschere ritraenti vecchie donne asiatiche dalla faccia di topo. Un antico mito collega questa usanza centenaria con l'apparizione di una vecchia bisbetica a un monaco cieco.   Poco probabile è l'attinenza del mito con eventuali avvenimenti storici, poiché non esistono fonti attendibili in merito a un monaco cieco vissuto nel villaggio. Eppure, ciò che pare in un primo momento insensato, folle e persino grottesco, se indagato più a fondo e pazientemente da uno sguardo occidentale nord-europeo, acquisisce una gratificante pienezza di significato: la vestizione delle maschere da vecchie donne asiatiche dalla faccia di topo è, per l'appunto, uno di questi casi. 

In primis urge sapere che, dal momento che la donna balinese non ama fare lavori manuali, né tanto meno desidera rompersi la schiena in una stalla, essa intende sfruttare, almeno nei primi anni di gioventù matrimoniale, la sua procacità fisica. E' in questo modo che il ricatto a sfondo sessuale è divenuto il primo mezzo di sussistenza per il gentil sesso in questa parte di mondo. 
Ma stuzzicare gli appetiti irrazionali è solo un primo passo; ricordare con ammonimenti il proprio deperimento fisico in seguito alla povertà di cibo e di mezzi è solo un altro ben più sottile e ingegnoso strumento. Queste maschere rappresentano per l'appunto il mutamento fisico che dovrebbe avvenire in seguito allo scarso ingerimento di latte bovino. La contrapposizione tra il perfetto fisico messo in mostra in tutta la sua formosità e l'orripilante maschera castrante ogni istinto d'accoppiamento, causano quattro fasi differenti nell'uomo medio balinese: prima uno scatto libidinoso, poi un ritrarsi terrorizzato, una riflessione sugli effetti della pigrizia lavorativa domestica, ed infine la consapevolezza del mantenimento della bellezza della propria moglie e la ricompensa di quest'ultima per lo svolgimento del duro lavoro (ovvero la concessione di sè al termine della giornata che, spesso, si rivela infruttuosa per la grande stanchezza. Da qui, l'origine della diffusissima fedifraghia omosessuale femminile balinese con altre casalinghe dalla maschera di vecchie donne asiatiche con la faccia da topo). [...]”

Gregory Bateson, Margaret Mead. The (Unknown) Balinese Character, Vigorsol Peppermint Edition, Bali, 1942, pp.42-43.

 

 


Un'immagine di archivio ritraente una giovane donna ricattatrice a Bali. Nel secondo secolo pare che si preferisse l'uso di parrucche bionde ispirate da una visione del futuro delle bagnine di Baywatch di un popolare veggente vegano laureato in scienze della comunicazione a posteriori.

 


BRONISLAW E LA DIGESTIONE

"sono stufo di mangiare igname, chi vi ha detto che fa bene? a me gonfia la pancia come un pallone e con le cattive abitudini che hanno gli adolescenti di qui che mi saltano addosso mentre riposo sull'amaca, inizio a temere seriamente per la mia incolumità. già non fanno che accoppiarsi tutto il santo giorno, ma è mai possibile che non abbiano null'altro a cui pensare sti ragazzi che non sia toccarsi in privato e saltarmi sulla pancia dopo pranzo?"

Bronislaw Malinowski si sfoga con il capovillaggio.

I TAMARRINDI

Nella regione centrale del Botswana, tra le Alpi centro-nord-orientali della Maremma sahariana, vive la popolazione conosciuta con il nome di “Tamarrindi”. Dalla fisiognomica post-punk, questo gruppo ha condiviso per circa due millenni una landa desolata di sassi e terra rossa con fastidiose scimmie accattone dal culo pelato. Le loro peculiarità vi è affilare vecchie canne di bambù con canini dalla forma piramidale e toccare il culo alle turiste americane. 
Scoperti per caso alla fine del diciassettesimo secolo da un venditore ambulante di cocomeri, oggi i Tamarrindi preferiscono bere coca-cola su letti Ikea montati solo a metà perché comprati con lo sconto da difetto di produzione. Se già grande è il loro rammarico nel vedere la foresta squarciata dai picchi dal becco rosso e giallo, possono divenire molto cattivi nel caso svegliaste i loro pappagalli messi di guardia alle tradizionali toilette portatili, famose in tutta la regione dei Grandi Laghi Melmosi. Si possono certo fare molte supposizioni e congetture sul loro conto, ma nulla gli impedirà di rimanere il gruppo etnico più fedele alla gassosa San Pellegrino da qui all'apertura della prima catena di produzione in Anatolia meridionale. Nè potremmo loro negare abilità nell'arte d'intessere menzogne (Fonte: Istat, 1897).
Negli ultimi 25 anni il potere economico pro-capite degli indigeni è crollato drasticamente a causa della guerra per l'abbattimento del dazio doganale nell'import di gorgonzola Docg bergamasco. Purtroppo non si vede ancora possibilità d'un accordo, ma i rapporti continuano a rimanere tuttora molto tesi e non si esclude una futura guerra civile per accaparrarsi sedanini e noci da consumarsi con questa pregiata materia prima lombarda.



Ben conosciuta l'importanza dell'abito elegante per la caccia al pangolino tra la popolazione dei Tamarrindi.

IL GRAN CULO DI JOSEPH BECKEMBAUER

“Fu così che, girato l'angolo di un bananeto, trovai davanti i miei occhi uno spettacolo di rara bellezza. Dopo aver letto centinaia di pagine sulle popolazioni cyangubungu, vagato in solitaria per tre giorni nella foresta senz'acqua e con la batteria dell'ipod scarica, lo shock di trovarmi di fronte un termitaio di cinque metri fu nulla in confronto a ciò che vi sto per raccontare.
Avevo appena fatto ricerca tra un gruppo di belligeranti scimmie dal muso allungato che mi avevano offerto il thè alle cinque del pomeriggio perché colonizzate dagli inglesi cento anni fa. Dopo averle ringraziate caldamente, preso il mio zaino, il mio taccuino di campo e mangiucchiato una pasta di meliga d'importazione, mi diressi lungo il cammino verso la mia destinazione: l'antica capitale Stucatzimma, nel cuore della foresta di eucalipti dedicati alla fabbricazione di saponette per l'igiene intima nei paesi occidentali. Ma non fu una città che trovai, nè le rovine di un mondo perduto, o tanto meno delle ballerine esotiche sconosciute e perfette per un varietà in seconda serata. Di certo ben pochi uomini poterono provare la gioia di vedere con i proprio occhi ciò che sulle mie pupille pare ancora impresso come su pellicola Kodak 1600 ISO in offerta al Carrefour di Kathmandù.
Camminai, dunque, sfiorato dai giunchi e coccolato dalle zanzare tropicali giù per una discesa irregolare, pericolosa, per pochi avventurieri di buona lena e virtuosi di spirito di sacrificio. Incappai in un paio di pigmei nell'intento di catturare un pangolino ritenuto sacro, vidi riti propiziatori per il buon raccolto ed un trio di posseduti da spiriti d'antenati inferociti per ragioni occulte. Ma certo non è questo il punto. Ben altro di più fantasmagorico e spaziale le mie orecchie udirono. Se solo potessi trovare le parole giuste!

Ok, facciamola finita.

Fu così, insomma, che scoprii che la mia macchina era stata rubata durante i tre mesi di ricerca sul campo in mezzo gli scugnizzi Bororo del Mato Grosso. Quelli con la fissa d'esser pappagalli e farabutti di strada. Dovevo aspettarmelo."

Dalle memorie di campo di Joseph Beckembauer, ex militante per la liberalizzazione del latte intero nel sud-est asiatico ed etnologo della domenica in caso di litigi domestici con sua moglie.



nella foto, II tamarro di Samotracio, mascotte della colonia estiva degli scugnizzi Bororo situata nella profonda savana salernitana.

I POU POU E LA VIRILITA'


I Pou Pou della Papua Nuova Guinea sono una popolazione che risiede nel nord dell’isola da circa 20.000 anni. Storicamente agricoltori e allevatori di giganteschi maiali neri, i Pou pou vantano una tradizione millenaria di tatuaggi dai motivi floreali eseguiti sulle pance delle donne incinte.
La rigidità geometrica che caratterizzava il tratto dei disegni, afferma lo psicologo olandese Eddie Von Bergen, voleva in realtà essere una compensazione della natura effeminata degli uomini (autori dei tatuaggi); nei racconti rimasti incastonati nella tradizione orale dei Pou Pou, infatti, vi sono storie di donne che s'ingegnano per far fronte all’inadempienza dei mariti costruendo con igname e patate dolci rudimentali strumenti autoerotici dalla forma oblunga.
Nel linguaggio corrente, secondo quanto riportato da Von Bergen nel libro “i Pou Pou, i sogni e la prostata”, è ancora utilizzato, dalle mogli, l’appellativo “Popigiari” (finocchio) per redarguire i coniugi svagati, nonostante l'insospettabile ondata di machismo che ha travolto la popolazione maschile negli ultimi dieci anni.
In tempi recenti infatti, a seguito della decolonizzazione britannica, l’uomo Pou Pou ha scoperto progressivamente la propria virilità, soprattutto grazie all’incontro con il celebre stuntman inglese Gary Williams che si era lanciato da un treno merci in prossimità di un ponte facendo un volo di ben 150 metri.
Affascinati dalle imprese di Gary Williams, i Pou Pou hanno iniziato ad appassionarsi al mestiere tanto da volersi definire comunità di agricoltori - stuntman – allevatori; le specialità (delle quali peraltro vanno molto fieri) sono, ad oggi, il salto del maiale infuocato e il disboscamento bendato (pericoloso, ma particolarmente spettacolare). 

Per quanto riguarda i tatuaggi sui ventri materni, al posto dei fiorellini stilizzati vengono spesso rappresentate marmitte e ragnatele di fuoco. Le donne, dal canto loro, continuano a intrattenersi con i “Pigi Pigi” (i tradizionali utensili autoerotici), preferendoli di gran lunga ai più impersonali vibratori in lattice introdotti dall'impero britannico.